Elogio della Solitudine pt. 1
Elogio alla solitudine di Fabrizio De Andrè, L’eremita
Spesso ci capita di avere a che fare con persone che passano molto tempo in solitudine, magari anche in mezzo agli altri, e “ironicamente” li definiamo eremiti.
Ma chi è l’eremita? Cosa rappresenta?
Si può ritenere un “eremita” colui che, attraverso la solitudine, la solitudine “creativa”, usata come strumento per mettere in crisi l’ego, rinasce a nuova vita (il 13 è il suo complementare) esprimendo al meglio l’Io interiore.
La ricerca e il raggiungimento del contatto con la spiritualità, avviene attraverso la ricerca della luce interiore, sprofondando in una grande crisi e dando inizio alla mutazione (9 sono i mesi della gestazione), al cambiamento e alla saggezza.
Fabrizio De Adré (9 nel lavoro) e Ivano Fossati (9 in risposta automatica al conflitto) scrivono assieme molti anni fa, il testo di questo bellissimo brano, che vi riproponiamo qui di seguito, che così bene esprime le caratteristiche dell’uomo con la barba che cammina all’indietro col bastone della passione… Buona lettura
Elogio della solitudine – Fabrizio De André (Brano tratto dall’album “Ed avevamo gli occhi troppo belli”)
C’è un UOMO che non disdegna la Solitudine, non la teme, non la disprezza, non la considera una sventura, anzi spesso la ricerca per farsi compagnia.
In sua compagnia quell’UOMO può guardare dentro se stesso pur sapendo che scorgerà sempre e solo un tenue raggio di luce, mai il chiarore completo del giorno.
Dentro l’apparente abisso della Solitudine quell’UOMO ama sprofondare.
Dentro quell’abisso infatti egli raggiunge la sommità del cielo ed ammira l’infinito tutt’intorno.
L’UOMO che frequenta la Solitudine, sa quanto importanti sono i suoi simili per lui e quanto smisuratamente ne ha bisogno.
L’UOMO la cui mano è stretta a quella della Solitudine ha imparato che molto più numerose sono le mani di quelli che cercano le sue.
L’UOMO che trova riparo all’ombra della Solitudine, sa quanto grande è lo smarrimento di chi, dentro a pareti di cemento armato, cerca rifugio senza mai trovarlo.
L’UOMO che siede stanco ai piedi della Solitudine, sa quanto affaticati e gonfi siano i piedi di coloro che senza mai fermarsi, corrono tutta la vita senza una meta.
L’UOMO che sa gustare il cibo invisibile che la Solitudine gli porge, sa quanto grande è la fame di coloro che pensano soltanto a riempire il carrello della spesa e i ripiani del frigo.
L’UOMO che si disseta dell’acqua che la Solitudine gli versa nel cavo delle mani, sa quanto inestinguibile è la sete di coloro che scambiano uno zampillo di sorgente, per un vuoto a perdere pieno di bollicine o alcol.
L’UOMO che ama ed è ricambiato dalla Solitudine, custodisce per se ogni cosa del passato, afferra con le braccia il presente e guarda lontano al domani.
Quell’UOMO è geloso della sua Solitudine, non la scambia perciò con quella di nessuno altro.
E la difende a denti stretti e con le mani ferite, la sua Solitudine quando gli altri gliela vogliono rubare.
Quell’UOMO in compagnia della sua Solitudine non si sente mai solo, mai perde il coraggio e la forza.
Di quell’UOMO e della sua Solitudine nessuno potrà mai temere alcunché.
Testo di Fabrizio De André
Si sa, non tutti se la possono permettere. Non se la possono permettere i vecchi, non se la possono permettere i malati, non se la può permettere il politico.
Il politico solitario è un politico fottuto di solito.
Però, sostanzialmente quando si può rimanere soli con sé stessi, io credo che si riesca ad avere più facilmente contatto con il circostante, e il circostante non è fatto soltanto di nostri simili, direi che è fatto di tutto l’universo, dalla foglia che spunta di notte in un campo fino alle stelle. E ci si riesce ad accordare meglio con questo circostante, si riesce a pensare meglio ai propri problemi, credo addirittura che si riescano a trovare anche delle migliori soluzioni, e, siccome siamo simili ai nostri simili, credo che si possano trovare soluzioni anche per gli altri.
Con questo non voglio fare nessun panegirico né dell’anacoretismo né dell’eremitaggio, non è che si debba fare gli eremiti, o gli anacoreti, è che ho constatato attraverso la mia esperienza di vita, ed è stata una vita (non è che dimostro di avere la mia età attraverso la carta d’identità), credo di averla vissuta, mi sono reso conto che un uomo solo non mi ha mai fatto paura, invece l’uomo organizzato mi ha sempre fatto molta paura.
Tiziana Cuccu
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Sentitevi liberi di contribuire!